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martedì 24 maggio 2011

Palazzo Reburdone, il museo c'è ma non si vede



COMUNICATO STAMPA

Il Palazzo Reburdone continua ad essere maltrattato, apprendiamo che dopo le sedi di enti, aziende e consorzi, il punto vendita di prodotti tipici siciliani ed il pub ecco spuntare all’interno del “museo” un CAF.

Lo storico palazzo cittadino era destinato a sede del museo contemporaneo della ceramica, ma di questo rimangono solo le briciole, il resto della struttura continua ad essere utilizzato per scopi differenti a quelli per cui era stato pensato, un bene pubblico che viene snaturato dall’amministrazione comunale che continua nella sua folle politica della privatizzazione di tutto ciò che è pubblico in questa città.

Ci chiediamo cosa ne pensa la Comunità Europea, erogatrice dei fondi per la ristrutturazione.

Riteniamo che questa struttura poteva divenire fiore all’occhiello della nostra città se solo si fosse tenuto conto del progetto iniziale e se non si fosse intervenuto con modifiche e cambiamenti di destinazione d’uso.

In un momento di grave crisi economica, che colpisce la principale fonte di lavoro della nostra comunità, il comparto ceramico, invece di valorizzare l’intero settore si continua a svilire la natura del nostro patrimonio inserendo all’interno del “museo” la sede di un sindacato.

Forse nel bando europeo e nei finanziamenti vi era anche la bandiera della Coldiretti?

Chiediamo pertanto una risposta all’amministrazione comunale sulla destinazione di questa struttura, e se questa deve essere considerata ancora pubblica o privata.

Rifondazione Comunista continuerà nella sua battaglia fino a quando non sarà fatta chiarezza, lanciamo un appello alle organizzazioni sindacali, di categoria e a tutti gli artigiani affinché venga restituito alla città un bene pubblico che possa essere fonte di sviluppo turistico ed elemento di rilievo nella conoscenza della millenaria tradizione della lavorazione della ceramica, valorizzando le nostre maestranze e diventando volano di rilancio per la nostra economia.




Caltagirone, 08/01/2011

Il segretario del circolo

Gigi Cascone

domenica 22 maggio 2011

Casa del teatro quale futuro?

La Casa del teatro del rione Semini di Caltagirone, nonostante l'avvenuta ultimazione dei lavori, non è ancora fruibile

L´ex macello del rione Semini che ospiterà la Casa del teatro


La Casa del teatro del rione Semini di Caltagirone, nonostante l'avvenuta ultimazione dei lavori, non è ancora fruibile. L'immobile, un tempo ex macello, dovrebbe essere utilizzato dal quartiere e dalle associazioni culturali per lo svolgimento di attività sociali. L'intero corpo edilizio, recuperato da almeno un anno con un investimento complessivo di circa 2 milioni di euro, è stato salvato dal degrado, ma non è ancora al servizio della collettività.
A denunciare questo stato di cose è Gigi Cascone, segretario cittadino di Rifondazione comunista (Prc), che, nel sollecitare all'amministrazione comunale il completamento definitivo, ha stigmatizzato le forze politiche del Consiglio comunale che - a suo dire - non si fanno carico del problema.
«A Caltagirone si vive ormai di lassismo politico - denuncia Cascone - Non si può rimanere insensibili quando vengono spesi soldi della collettività e le opere attese rimangono solo scatole vuote di cemento».
La cronistoria del teatro risale agli anni '90, anni in cui perse la funzione di macello per la crescente espansione abitativa del luogo. Dopo la dismissione, negli anni 2000 si cominciò a parlare di recupero funzionale. Così, furono intercettati i primi fondi pubblici e, nel 2006, iniziarono i lavori di recupero, suddivisi in tre tranche di finanziamento, una delle quali grazie alla contrazione di un mutuo di circa 900mila euro. Il corpo edilizio è stato quasi interamente recuperato. L'ultimo scoglio da superare riguarda il completamento degli arredi, ovvero delle forniture di palco e poltrone.
«E' in fase di espletamento - dice l'assessore comunale all'Urbanistica, Domenico Palazzo - la gara d'appalto relativa alla dotazione degli arredi. L'ultima tranche comporterà una spesa di poco più di 100mila euro».
«Il sito - conclude l'assessore Palazzo - è anche dotato di spazi esterni, peraltro recuperati che, unitamente al teatro, accresceranno le potenzialità di questo stabile. Gli interventi conclusivi sono in dirittura d'arrivo. Doteremo il quartiere di un teatro di 200 posti e di spazi aperti fruibili pari a circa 500 metri quadri».
GIANFRANCO POLIZZI


19/05/2011

sabato 14 maggio 2011

No alla chiusura della stazione di granicoltura a Caltagirone

COMUNICATO STAMPA

Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia

Soppressione, accorpamento, tutto e il contrario di tutto per non dire niente.

Si pensa a sopprimere gli enti inutili e fra questi ci va di mezzo un istituto che nel proprio bilancio non è mai stato in passivo.

In un momento di crisi strutturale dell'intero comparto cerealicolo, in cui la ricerca potrebbe dare risposte concrete per il rilancio del settore, si pensa a tagliare fondi e non si dice la verità sui giochi di potere trasversali per il controllo degli enti pubblici.

In una Sicilia guidata da un governo illegittimo, PD-MPA, viene presentato un maxi emendamento che con toni populisti cerca di fare solo consensi vendendo la solita storia del taglio agli sprechi e si getta nel calderone una realtà d'eccellenza della nostra regione.

Ben vengano le iniziative a tutela della Stazione di Granicoltura da parte di amministratori locali e parlamentari regionali ma è necessario spiegare che le ultime iniziative di accorpamento o di soppressione vengono proprio da quel partito che si vanta di difendere il territorio.

Rifondazione Comunista da sempre sensibile ai problemi della ricerca denuncia l'inefficacia di questa operazione affrettata e poco studiata.

ta l'importanza dell'argomento tale decisione non può arrivare con un emendamento in finanziaria, la strada percorribile è quella di fare crescere l'istituto attraverso la sua vera natura, ovvero quella del consorzio fra enti pubblici, con garanzia di continuità nel finanziamento pubblico. Ciò consentirebbe il prosieguo degli studi in corso, l'esistenza in vita della struttura, il mantenimento degli standard occupazionali degli operai e dei ricercatori e un ritorno economico per l'agricoltura siciliana.